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Bambini prodigio in musica: cosa li rende tali?

    Sarah Oulousian è seduta davanti a un microfono, in uno studio insonorizzato. Si trova in un laboratorio di psicologia nel seminterrato dell’Université de Montréal. Si aggiusta le cuffie e annuisce: è pronta per sottoporsi al test. Di fronte a lei Michael Weiss. Preme un pulsante. Oulousian è in ascolto: 14 note musicali suonate in successione.

    Sarah ripete quanto ascoltato ad alta voce, lo fa di nuovo. Deve ricordare più di dodici sequenze di note. Oulousian indovina le prime tre. Poi, man mano che gli schemi diventano imprevedibili con combinazioni casuali di note sempre più lunghe e brevi, iniziano le prime difficoltà mnemoniche. Sarah quindi chiude gli occhi per concentrarsi e quando sbaglia una sequenza, picchietta sul tavolo in segno di frustrazione.

    Weiss, che sta sottoponendo la ragazza al test, è un borsista post-dottorato presso il BRAMS, un laboratorio (sito a Montreal) di ricerca interuniversitaria, riconosciuto a livello internazionale. BRAMS in realtà è l’acronimo di Brain, Music and Sound (cervello, musica e suono). Weiss e gli altri membri appartenenti al team di ricerca stanno usando una tecnologia all’avanguardia per confrontare il cervello dei bambini prodigio con l’encefalo di altri musicisti: di talento certo, ma non prodigi.

    L’obiettivo è quello di individuare eventuali differenze cognitive in grado di spiegare perché i bambini prodigio suonano così bene, con tanta apparente facilità. “Stiamo solo cercando di capire come il loro cervello li aiuti a imparare così velocemente e li renda così eccezionali“, queste le parole di Isabelle Peretz, una rinomata neuropsicologa cognitiva e leader dello studio che poi conclude “Non ne sappiamo ancora niente.”

    UN DONO, UNA MAGIA O UNA STRANEZZA DI NATURA BIOLOGICA?

    le sorelle oulousian

    Oulousian ha 15 anni. E’ abituata a vincere un concorso musicale dopo l’altro. A otto anni ha tenuto un recital di pianoforte alla Carnegie Hall. Anche sua sorella di 19 anni Emily, una studentessa di medicina del primo anno, ha suonato alla Carnegie Hall e ha vinto tanti concorsi. Entrambe le sorelle sono state inserite nell’elenco CBC dei 30 musicisti classici canadesi più famosi sotto i 30 anni.

    Due anni fa, il BRAMS lanciò un bando: gli scienziati erano alla ricerca di musicisti che avessero vinto concorsi di musica classica, nazionali o internazionali, o che avessero ottenuto riconoscimenti nazionali prima dei 12 anni. Finora sono riusciti a trovare 20 prodigi e altrettanti musicisti, il gruppo di controllo, testando entrambi i campioni.

    Peretz arriva a comprendere il motivo per cui le persone sono affascinate da personaggi come Mozart, in grado di comporre un minuetto e un trio in sol maggiore all’età di sei anni, o dal violinista Yehudi Menuhin capace di suonare la Scene de Ballet di Beriot con la San Francisco Symphony Orchestra a soli otto anni.

    La gente crede che la loro abilità musicale sia un dono di Dio, una specie di magia, o altro“, questa l’affermazione sprezzante di Peretz che invece ha deciso di mappare i cervelli alla ricerca delle basi biologiche che governano la produzione musicale. La ricercatrice non prende in considerazione alcuna speculazione sull’argomento.

    Per la Peretz nella comprensione dei prodigi musicali si dà troppa enfasi all’educazione, non abbastanza alla natura. La ricercatrice è fermamente convinta che la scienza cognitiva “sia l’unico modo” per capire cosa permette ai giovani musicisti di suonare a un livello che sembra quasi impossibile.

    La dottoressa Megha Sharda, altro membro del team BRAMS, è specializzata in quelle che vengono chiamate “traiettorie neuro-evolutive alterate” che sono alla base dello sviluppo del cervello in persone fuori dalla norma.
    Sharda indica una fila di monitor (computer) in cui pullulano scansioni cerebrali MRI di prodigi e musicisti del gruppo di controllo.

    gli studi sul cervello dei bambini prodigio

    Tecnologicamente non siamo non siamo ancora in grado di osservare un cervello e dire se appartiene a un prodigio. Il nostro approccio è invece quello di guardare a gruppi di persone e modelli di connettività cerebrale all’interno di popolazioni campione“. Per Sharda questo potrebbe consentire ai ricercatori del BRAMS di determinare quali sono le eventuali differenze relative alla connettività cerebrale che si possono riscontrare tra i prodigi e i musicisti del gruppo di controllo.

    Non siamo geni folli”. Questa l’affermazione sull’argomento di Sarah Oulousian. La musicista non sa spiegare la sua abilità, sa solo che è innata: “Non viviamo e respiriamo musica. È solo un talento che abbiamo“. Sua madre notò qualcosa di strano quando Sarah aveva tre anni. Era al piano di sopra, nella sua cameretta, mentre sua sorella era al piano di sotto a suonare il Souvenir d’Enfance di Richard Cliederman. “Ha commesso un errore. Lo gridai in cinese. Mia madre ne rimase sconvolta … Ha commesso di nuovo lo stesso errore. Urlai che era sbagliato, di nuovo. Quindi i miei genitori si dissero che dovevo iniziare a suonare il pianoforte.

    L’apprendimento di un repertorio musicale può risultare difficile per gli altri bambini, ma a noi viene naturale. Se ci affidano una composizione per lunedì, entro la fine della settimana, conosciamo già il pezzo a memoria“. Queste le sorprendenti parole di Sarah.

    La ricerca è ancora nelle sue fasi iniziali. Altri bambini prodigio e membri del gruppo di controllo verranno scansionati con macchine per la risonanza magnetica, dovranno memorizzare sequenze ed essere sottoposti ad altri test cognitivi e di intelligenza.
    I risultati preliminari sono a oggi custoditi e lo saranno fino a quando non sarà disponibile materiale sufficiente per la revisione e la pubblicazione accademica.

    QUESTA RICERCA RISCHIA DI SVELARE IL MISTERO?

    la dottoressa peretz e le sue ricerche

    Peretz sa già che i risultati di questa ricerca sono destinati a far discutere. Da quando ha iniziato a studiare il modo in cui il cervello elabora la musica, gli scettici non hanno mancato di sollevare critiche. “Stai uccidendo il mistero che circonda la musica. Questo è ciò che tutti credono. E accadrà lo stesso quando verranno portati alla luce i risultati inerenti i bambini prodigio“.

    Dopo una giornata di test in laboratorio, Emily e Sarah danno una rapida occhiata a un monitor che mostra le scansioni del loro cervello prima di dirigersi a casa. Scherzano dicendo che sembrano piuttosto normali. Entrambe non vedono l’ora di leggere quanto emerso dalla ricerca. “Non interpreteremo la musica in modo diverso ora perché sappiamo cosa accade nel cervello o perché alcuni musicisti sono più performanti di altri. La scienza deve trovare spiegazioni“. Così Emily spegne la polemica che potrebbe derivare dallo studio.

    Emily e Sarah hanno trascorso migliaia di ore alla tastiera per perfezionare le loro capacità tecniche e hanno lavorato altrettanto duramente per sviluppare i loro stili personali. Man mano che maturano, il loro modo di suonare è mutato. Sono anche consapevoli di come il loro cervello sembri capire naturalmente come funziona la musica.

    Sarah ha le sue idee su come la natura e l’educazione si siano combinate per rendere entrambe le sorelle ciò che sono. “Il nostro successo dipende da un pianoforte a coda. I nostri insegnanti sono fondamentali perché ci incoraggiano sempre. Cosa dire dei nostri genitori che ci amano incondizionatamente e ci sostengono. E poi, alla fine, ci siamo noi e la nostra volontà “.

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