In Svizzera così come nella maggior parte dei paesi industrializzati quasi l’1% dei bambini, circa 800 l’anno, nasce “pretermine“, vale a dire prima della 32a settimana. Nonostante i progressi della medicina neonatale in termini di sopravvivenza, questi bambini corrono comunque il rischio di sviluppare disturbi neuropsicologici.
Per favorire l’accrescimento del loro fragile encefalo, nonostante l’ambiente stressante della terapia intensiva, i ricercatori dell’Università di Ginevra (UNIGE) e degli Ospedali universitari di Ginevra (HUG), hanno proposto una soluzione originale: l’ascolto di una musica scritta appositamente per loro.
E i primi risultati, pubblicati sulla rivista Proceedings of the National Academy of Sciences (PNAS), negli Stati Uniti, sono sorprendenti: l’imaging medico rivela che le reti neuronali dei neonati prematuri sottoposti all’ascolto di questa musica si sviluppano meglio, e il processo riguarda in particolare una rete coinvolta in molte funzioni sensoriali e cognitive.
L’unità di terapia intensiva neonatale presso l’HUG accoglie ogni anno 80 bambini nati pretermine – tra la 24esima e la 32esima settimana di gravidanza, cioè quasi quattro mesi prima della data presunta del parto (DDP). La maggioranza sopravviverà, ma metà svilupperà disturbi di natura neurologica, tra cui difficoltà di apprendimento, disturbi dell’attenzione o emotivi.
“Alla nascita, il cervello di questi bambini è ancora immaturo, quindi lo sviluppo deve continuare nell’unità di terapia intensiva, in un’incubatrice, in condizioni molto diverse rispetto a quelle presenti nell’utero materna“, questa la spiegazione di Petra Hüppi, professoressa all’UNIGE Facoltà di Medicina e Capo della Divisione Sviluppo e Crescita di HUG. “L’immaturità del cervello, combinata con un ambiente sensoriale disturbante motiva l’anormale sviluppo delle reti neurali.”
Una musica su misura
I ricercatori di Ginevra sono partiti da un concetto di natura pratica: dato che i deficit neurali dei bambini pretermine sono dovuti, almeno in parte, a stimoli improvvisi e stressanti, nonché a una mancanza di stimoli adeguati, l’ambiente in cui i piccoli vivono dovrebbe essere arricchito dall’introduzione di input strutturati e piacevoli.
Poiché il sistema uditivo è tra i primi a funzionare, la musica potrebbe essere risolutiva in termini percettivi. Ma quale musica? “Fortunatamente, abbiamo incontrato il compositore Andreas Vollenweider, che era già stato a capo di progetti musicali con popolazioni di fascia debole e che ha mostrato un grande interesse quando si è trattato di dover comporre una musica adatta ai neonati pretermine“, questo il commento di Petra Hüppi.
“Era importante che gli stimoli musicali fossero legati alle condizioni del bambino. Volevamo organizzare la sua giornata con gli input giusti nei momenti appropriati: una musica per accompagnare il risveglio, un’altra per l’ora della nanna e infine una melodia per interagire durante le fasi del risveglio“, spiega Lara Lordier, dottoressa di ricerca in neuroscienze e ricercatrice presso l’HUG e l’UNIGE .
“Per scegliere gli strumenti adatti a questi pazienti molto giovani, Andreas Vollenweider ha dovuto suonarne di diverse tipologie in presenza sia dei neonati pretermine che di un’infermiera specializzata in pratiche di supporto allo sviluppo del prematuro.”
“Lo strumento che ha generato il maggior numero di reazioni è stato il Pungi, vale a dire il flauto degli incantatori di serpenti indiani. I bambini in forte stato di agitazione si sono calmati quasi all’instante, la loro attenzione è stata catturata dalla musica!“. Il compositore è riuscito così a scrivere tre paesaggi sonori di otto minuti ciascuno, caratterizzati da pungi, arpa e campane.
Connessioni funzionali del cervello più efficienti grazie alla musica
L’esperimento, condotto in doppio cieco, ha coinvolto tre gruppi di neonati: due composti da prematuri e uno da bambini nati a termine. Un gruppo di neonati pretermine è stato sottoposto all’ascolto della musica, l’altro invece no, essendo un gruppo di controllo. Il terzo gruppo, sempre di controllo, era formato invece da neonati nati a termine, accolti nella sperimentazione per valutare se lo sviluppo cerebrale dei neonati prematuri sottoposti all’ascolto della musica fosse simile a quello dei bambini nati a termine.
Gli scienziati hanno usato la tomografia a risonanza magnetica su tutti e tre i gruppi di bambini. I bambini prematuri non sottoposti all’ascolto della musica hanno mostrato una connettività funzionale più scarsa tra le aree del cervello rispetto ai bambini nati a termine, confermando di fatto l’effetto negativo della prematurità.
“La rete più coinvolta è stata quella di salienza che solitamente rileva le informazioni e ne valuta la pertinenza in un momento specifico per poi creare un collegamento con altre reti cerebrali deputate all’azione. Questa rete è essenziale, sia per l’apprendimento che per l’esecuzione delle attività cognitive, sia nelle relazioni sociali che nella gestione emotiva “, questo il commento di Lara Lordier.
Nella terapia intensiva, i neonati pretermine sono sopraffatti da stimoli non adatti alle loro condizioni: porte che si aprono e si chiudono, allarmi che suonano di continuo… A differenza di un bambino nato dopo nove mesi di gravidanza che, nell’utero, è in grado di regolare il suo ritmo a quello materno, il bambino prematuro in TIN difficilmente sarà in grado di sviluppare il legame tra il significato di uno stimolo e il contesto specifico.
D’altro canto, le reti neurali dei neonati sottoposti all’ascolto della musica di Andreas Vollenweider sono migliorate in modo significativo: la connettività funzionale tra la rete di salienza e le reti uditiva, sensomotoria, frontale, talamica e del precuneus ha subito un netto incremento a tal punto da favorire un’organizzazione cerebrale più simile a quella dei neonati nati a termine.
I neonati una volta cresciuti…
I primi bambini coinvolti nella sperimentazione ora hanno ora 6 anni, età in cui è possibile iniziare a rilevare i primi problemi cognitivi. I ricercatori si stanno organizzando per incontrare di nuovo i loro giovani pazienti al fine di condurre una valutazione cognitiva e socio-emotiva completa e osservare se i risultati positivi misurati nelle prime settimane di vita sono stati mantenuti.
Questo studio è finanziato dalla Fondazione nazionale svizzera per la scienza e, tra gli altri, dalla Fondazione Prim’Enfance.